Salubrità e qualità della vita
Un olio extravergine di oliva va ottenuto esclusivamente per estrazione, senza alcun trattamento chimico-fisico di raffinazione o rettificazione, la legge indica i seguenti parametri:
1: Il livello di acidità, che non dovrà superare lo 0,8%. L’acido oleico è di per se un beneficio, ma la sua naturale, graduale degradazione deve mantenersi entro la percentuale dello 0,8%.
2 Il numero dei perossidi. Essi indicano un’alterazione di tipo ossidativo il limite è 20, la di sopra del quale l’olio è lampante. Un valore buono è al di sotto di 10, mentre un elevato numero di perossidi evidenzia un processo di ossidazione già avviato e irreversibile.
3 La quantità di cere. Sostanze contenute nelle bucce delle olive. La dose massima consentita è di 250 mg per chilo, se il quantitativo fosse maggiore si dovrebbe pensare a un’aggiunta di olio di sansa, ricco appunto di cere.
4 L’analisi sensoriale. Se i precedenti parametri sono verificabili attraverso l’analisi chimica, quest’ultimo-molto importante-passa attraverso i nostri sensi. Per legge, attraverso il giudizio organolettico di un panel test che deve stabilire l’assenza di difetti percepibili e la presenza di un profumo fruttato altrettanto percepibile.
Ambiente, cultivar, tempi e tecniche
Riguarda gli elementi che concorrono a determinare la qualità dell’olio d’oliva, in buona sostanza possiamo riassumerli così: ambiente colturale (condizioni pedoclimatiche), cultivar (varietà di olive), tempi e modalità di raccolta e trasporto, tecniche di trasformazione delle olive in olio e buona conservazione, ovviamente, una volta completata la produzione vera e propria.
Condizioni naturali allo sviluppo dell’olivo danno alla Puglia una posizione di netta preminenza, confermata dal ‘peso del numero’ (le coltivazioni coprono quasi 400.000 ettari). Coratina e ogliarola, che regalano prodotti di grande struttura e temperamento-ma è sbagliato pensare a un unico olio, data la varietà di suoli, cultivar e microclimi-, sono le varietà più diffuse.
A nord, in proinvincia di Foggia, nell’altro Tavoliere e nella Daunia si coltivano anche Peranzana e Rotondella, nel Gargano Ogliarola Peranzana e Coratina. In queste aree, come nel basso Tavoliere, gli olii sono ben caratterizzati dagli aromi varietali e variano dal leggero e scorrevole al medio corpo. Una grande verità di oliveto offrono le Murge Baresi l’eccellenza arriva da Andria (olio piuttosto fruttati, spesso piccanti) è Il regno della verità Coratina.



Il ciclo dell’ulivo
La maturazione non procede mai uniformemente, neanche sulla stessa pianta, per cui non dato momento qualsiasi oliveto presenta contemporaneamente olive verdi invaiate e nere.
La raccolta
Questa fase riveste molta importanza e deve essere effettuata nei tempi e nei modi opportuni, poiché gli effetti della raccolta-conservazione si fanno sentire in maggiore misura sulle olive più mature, con incrementi di acidità e perdita netta di antiossidanti naturali: ne troviamo riscontro nel numero più elevato di perossidi. Le sole olive che interessano per l’estrazione di un olio di qualità, sono quelle attaccate alla pianta: è da escludere la pratica della raccolta a terra-muffe e parassiti, oltre a pericolose ammaccature, aggredirebbero l’oliva-, ma anche il sistema che prevede la distesa di reti sotto le piante con largo anticipo. In questo caso si raccoglierebbero comunque olive cadute spontaneamente, forse non sane e certamente non fresche.
Il trasporto e la conservazione rivestono un’importanza fondamentale: nel trasporto, infatti, chi vuole salvaguardare l’integrità del prodotto preferisce contenitori agevolmente accatastabili che consentano una buona circolazione dell’aria.
L’oliva, come qualsiasi altro frutto, una volta staccata dalla pianta non muore: respira, consuma ossigeno, produce anidride carbonica e calore. Questo fenomeno di riscaldamento è dannoso perché favorisce lo sviluppo di muffe e può innescare i processi fermentativi, con un innalzamento dell’acidità libera e del numero di perossidi per non parlare della perdita del patrimonio antiossidante e della modificazione sostanziale dei composti aromatici dell’olio. Ideale sarebbe una immediata frangitura. E’ possibile che le olive, a seconda delle modalità seguite per la raccolta, siano accompagnate da materiali estranei-foglie, frammenti di rame, terra, erba, pietruzze… Che contribuirebbero ad apportare odori e sapori incongrui e a incentivare meccanismi di alterazione: le impurità devono essere eliminate ricorrendo alla defogliatrice prima e a macchine lavatrici-asciugatrici poi.
Segue la frangitura. Attraverso questa fase la buccia, la polpa e il nocciolo-i frantumi hanno una funzione drenante-vengono ridotti in pasta, costituita da frammenti più o meno grossolani. Alla frangitura segue la gramolatura, che consiste in un delicato, continuo e prolungato rimescolamento della pasta oleosa, congiunto a un blando riscaldamento, che non dovrebbe superare i 27° centigradi, pena il decadimento qualitativo dell’olio. Il prodotto gramolato è molto deperibile e va lavorato al più presto per evitare che si ossidi. L’uso. Sempre più diffuso, per esempio, di gramolartici chiuse ermeticamente, rappresenta un interessante soluzione: in atmosfera controllata, infatti è presente solo una quantità limitata di ossigeno.
L’estrazione
Situazione porta alla definitiva separazione dei tre componenti della pasta: da una parte avremo l’elemento liquido, costituito da acqua di vegetazione olio, dall’altra la sansa-i residui solidi-, contenente circa il 5% di olio che esce dal ciclo ed è destinato la raffinazione industriale.
Il metodo discontinuo a presse
Il sistema tradizionale a presse, ancora in uso presso alcuni frantoi prevede di sottoporre a pressione la pasta gramolata, così da favorire la fuoriuscita del mosto (olio e acqua di vegetazione) separandolo dalla sansa. La pasta viene spalmata in strati dallo spessore di circa 3 cm, su diaframmi chiamati fiscoli, in fibra sintetica o vegetale. I dischi sono poi impilati su un tubo in acciaio forato supportato da un piatto-carrello mobile. Ogni quattro o cinque fiscoli si interpone un disco in acciaio con fori di scolo per impartire maggiore stabilità alla torre e assicurare una più uniforme distribuzione della pressione. Il castello rimane impresso per una mezz’ora. In questo lasso di tempo il mosto oleoso è spinto fuori dalla massa e cola in una massa di raccolta. Successivamente il castello viene smontato i fiscali liberati dalla sansa asciutta e ricaricati per un nuovo ciclo.
Il metodo continuo
I metodi continui oggi quasi generalmente utilizzati hanno sostituito alla pressione altri principi fisici. Il sistema estrattivo per centrifugazione conduce dapprima la separazione di sansa e parte liquida per isolare poi la componente oleosa dall’acqua di vegetazione. Le paste dopo la gramolatura vengono opportunamente fluidificante con acqua tiepida, quindi prelevate da una pompa dosatrice e inviate all’estrattore. La velocità operativa, l’assoluta igiene nel processo, riduce i rischi di inquinamento del prodotto, sono questi punti di forza di questo tipo di estrazione. Un separatore, o centrifuga verticale, eliminerà l’acqua dal mosto oleoso indipendentemente dal metodo di estrazione discontinuo o continuo, quello che si ottiene è l’olio mosto, un mix di frammenti di polpa e di buccia ma, soprattutto, acqua di vegetazione e olio. Con l’aiuto della centrifuga va in scena l’ultimo atto: dal mosto si trae finalmente l’olio, pressoché pulito.



La conservazione dell’olio
Come tutti i grassi, l’olio è un prodotto dedicato, facilmente deperibile, per cui occorrono cure e molta attenzione per conservarlo integro: inquinamento e ossidazione sono i suoi peggiori nemici. I grassi hanno la proprietà di assorbire odori e aromi, in negativo l’olio può acquisire, in modo irreversibile, cattivi odori se va versato in recipienti puliti, opachi, inodori, ben chiusi, conservati al riparo della luce. Oltre a questi presupposti indispensabili sono raccomandabili ambienti freschi (14-15 °C), aerati ed esenti da odori estranei per mantenere inalterato il prodotto. L’olio non filtrato che può presentare un aspetto opalescente dovuto alla sospensione di sostanze mucillaginose, qualora non venga imbottigliato deve essere travasato in paio di volte a intervalli di 4-6 mesi, per liberarlo dalla ‘fondata’ che si forma, appunto, sul fondo del recipiente: un deposito soggetto a fermentazioni, sovente responsabile di odori sgradevoli.
Per ovviare a questo inconveniente e rendere l’olio più limpido si ricorre alla filtrazione con colini di cotone cardato o di carta. Contrariamente al vino, l’olio non migliora invecchiando: ‘olio nuovo, vino vecchio’ recita saggiamente un detto popolare. Appena uscito dal frantoio, un extravergine è organoletticamente poco equilibrato, con caratteri accentuati e scomposti; nell’arco di un mese definisce propria personalità, acquisendo equilibrio e armonia. Non migliorerà più, anzi tenderà a perdere fragranza e vivezza per diventare piatto e stanco; emergeranno difetti sempre più evidenti e gravi, e l’olio finirà con l’essere inutilizzabile.
La durata di un olio dipenderà dal contenuto di antiossidanti naturali ma anche dal modo in cui lo si conserva. Fattori ambientali quali l’esposizione alla luce, e il calore, possono innescare e o accelerare il fenomeno. Anche il freddo molto intenso ha effetti negativi sulla conservabilità: se l’olio gela, si altera l’equilibrio dei suoi componenti e le sostanza antiossidanti in essi contenute perdono efficacia.
Olio extra vergine di oliva: acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per cento grammi.
Olio di oliva vergine: acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,2 g per cento grammi.
Olio di oliva: ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato CON OLIO DI OLIVA VERGINE cona acidità libera in acido oleico 1g per cento grammi;
Olio di sana di oliva: olio ottenuto dal taglio di olio di sansa raffinato e di olio di oliva vergine con acidità libera espresso una ciao eolico non superiore a 1g per cento grammi;
A tavola
L’uso di base dell’olio è quello di un condimento da utilizzare a crudo, in genere per completare un piatto o per legare i sapori diversi, in base alla nota capacità di grassi di convogliare gli aromi. In più, può conferire alle pietanze un gusto e una personalità particolare, arricchendole come nessun altro grasso può fare; ecco perchè, per quanto riguarda il consumo a crudo, non c’è scelta dell’olio extravergine. Quale? Dolce, delicato, mediamente fruttato o una di decisa intensità? La scelta dipende sempre dalle preferenze e dalle capacità di ognuno di noi di accostare un alimento all’altro. Forse l’unico suggerimento valido è questo: più saporito è il piatto, più è saporito sia l’olio.
In cucina
La funzione dell’olio non è soltanto quella di amalgamare gli aromi ma anche quella di trasmettere il calore. In base al contributo gustativo che è un olio può apportare, si tende sempre più a considerarlo come un ingrediente che può fare la differenza rispetto ad altri grassi.
Per esempio nel caso di una minestra di verdure o di una semplice pasta al pomodoro farebbe gridare allo scandalo un pugliese che si accorgesse della presenza del burro anziché dell’olio. In ogni caso, riteniamo non sia un vezzo snobistico consigliare, anche solo per l’uso quotidiano in cucina, il piccolo ma prezioso lusso di concedersi la scelta tra due o tre olii dalle diverse caratteristiche.
La frittura
La domanda più comune che ci poniamo è se l’extravergine sia adatto per friggere oppure no. La nostra risposta non può che essere positiva: come abbiamo detto, dal punto di vista della resistenza al calore l’olio d’oliva è tra i grassi più idonei, l’olio di oliva è il migliore grasso da frittura Ion assoluto per quanto concerne gli aspetti nutrizionali e salutistici, con qualche limitazione a un impiego generalizzato per la netta caratterizzazione aromatica che conferisce ai cibi.
Qualche consiglio
- friggere sempre in abbondam,ente olio tanto da consentire ai cibi di galleggiarvi agevolmente, scegliendo recipienti di forme e dimensione adeguate.
- Ridurre gli alimenti da friggere in piccole porzioni, per abbreviare il tempo di cottura.
- Scaldare preventivamente l’olio ma non superare i 180 gradi C°.
- Non introdurre troppi pexzzio di cibo tutti assieme possono attaccarsi e comunque abbassano la temperatura dell’olio comprendendo il risultato finale.
- Non introdurre cibi freddi, portarli prima a temperatura ambiente.
- Scolare bene il fritto e asciugarlo su carta assorbente mantenendolo tuttavia ben caldo.
- Non salare ne zuccherare mai durante la frittura, ma soltanto prima di servire.
- Non coprire un alimento fritto perchè diventerebbe molle.
- Non riutilizzare mai il grasso di frittura.
Fonte slowfood


